lasciarti andare:
oggi senti d'amarlo
quest'amaro affogare,
domani già l'odi
l'ode dell'onda del mare.
Tu,
con stanco pensiero,
a invocare la riva,
ma la corrente
– sempre lei –
ti spinge a deriva,
sì che – sfinito –
l'approdo
t'esce di testa
e già ti sospiri
con gli occhi
ma senza più meta.
Sempre, fosti teso
a ricercar vero approdo
salvo trovarti (infine)
ben lungi dal molo.
Sei come un naufrago.
Come un naufrago solo
nell'oceano disperso
eppure teso a cercarsi
in qualche modo riflesso:
non è per noia
bensì per conforto
che ciascuno insegue
la sua immagine a vuoto.
Mi sa d'amaro non ritrovarsi,
infine (delusi) abbandonarsi
aprirsi al cielo, poi disperarsi.
Al calar del buio,
sempre più pesto,
ai tanti naufraghi
non rimane che questo:
senza un porto sognato
né un destino segnato,
con la sera che avanza,
mi pare un miraggio
in lontananza
anche specchiarsi nell'acqua
(e scura e profonda e agitata).
Gonfie le nubi
addensar questa notte,
in questo naufragio
oscurare le rotte,
così provato
chè rinunci a salvarti,
in mare e in tempesta
ti senti insabbiarti.
Oggi siamo così:
naufraghi senza sosta,
non vediamo mai terra
tantomeno la costa.
Ci fugge fin'anche
la nostra ombra
soffocata
dalla furia del tempo
e dalla spuma dell'onda.
Allora scruto il cielo:
scelta d'ottimismo obbligata,
direi forzata,
in questo gioco del vedo/non vedo
– imposto compromesso
di questo sociale incesto
in cui da naufrago
oggi mi vesto
e forse domani mi svesto,
in cui galleggio
tra difetto e virtù,
in cui io sono io
e a volte anche tu.
EM ©
a invocare la riva,
ma la corrente
– sempre lei –
ti spinge a deriva,
sì che – sfinito –
l'approdo
t'esce di testa
e già ti sospiri
con gli occhi
ma senza più meta.
Sempre, fosti teso
a ricercar vero approdo
salvo trovarti (infine)
ben lungi dal molo.
Sei come un naufrago.
Come un naufrago solo
nell'oceano disperso
eppure teso a cercarsi
in qualche modo riflesso:
non è per noia
bensì per conforto
che ciascuno insegue
la sua immagine a vuoto.
Mi sa d'amaro non ritrovarsi,
infine (delusi) abbandonarsi
aprirsi al cielo, poi disperarsi.
Al calar del buio,
sempre più pesto,
ai tanti naufraghi
non rimane che questo:
senza un porto sognato
né un destino segnato,
con la sera che avanza,
mi pare un miraggio
in lontananza
anche specchiarsi nell'acqua
(e scura e profonda e agitata).
Gonfie le nubi
addensar questa notte,
in questo naufragio
oscurare le rotte,
così provato
chè rinunci a salvarti,
in mare e in tempesta
ti senti insabbiarti.
Oggi siamo così:
naufraghi senza sosta,
non vediamo mai terra
tantomeno la costa.
Ci fugge fin'anche
la nostra ombra
soffocata
dalla furia del tempo
e dalla spuma dell'onda.
Allora scruto il cielo:
scelta d'ottimismo obbligata,
direi forzata,
in questo gioco del vedo/non vedo
– imposto compromesso
di questo sociale incesto
in cui da naufrago
oggi mi vesto
e forse domani mi svesto,
in cui galleggio
tra difetto e virtù,
in cui io sono io
e a volte anche tu.
EM ©